giovedì 17 luglio 2008

Vivono tra noi




La fuga dei cervelli (e corpi annessi) sta assumendo proporzioni inquietanti.
La cosa è fastidiosa, e lo è ancora di più se è totalmente inutile.

Esempio pratico: l'antropologo.
Immaginiamo il nostro avventuroso studioso che si fa largo nella foresta amazzonica a colpi di machete, portando con sè solo lo stretto indispensabile (razioni di sopravvivenza, kit di pronto soccorso, analizzatore di potabilità e tv con parabola per vedersi le partite di campionato la domenica), massacrato dalle iniezioni delle vaccinazioni che si è dovuto fare prima di partire, compresa la flebo di Autan per le zanzare (sì, se sentite un ronzio di un aereo non è Mister No con il suo piper): è stanco, è stremato, è in crisi d'astinenza da Pro Evolution Soccer e sta per raggiungere il villaggio dell'ennesima tribù sconosciuta che, beninteso, viveva in santa pace prima dell'arrivo del seccatore buana bianco il quale attaccherà loro raffreddore, pertosse, morbillo e una decina di virus sviluppati in laboratorio contribuendo ad aumentare il numero delle "vittime del progresso".

Tutto questo perchè il mondo occidentale si crogiola nella convinzione che della parte del pianeta "civilizzata" sappiamo ormai tutto.
Errore!

Cosa ne sa il nostro amico studioso di quello che succede in centro la domenica pomeriggio?
E' mai stato in un supermarket il sabato mattina?
Ha mai fatto un giro in un qualsiasi ufficio comunale?
Si è mai recato in un quartiere lontano da negozi Dolce&Gabbana, da locali trendy, da store molto cool eccetera eccetera?

Altrochè uomini della Papuasia, altrochè aborigeni australiani, altrochè indigeni della Terra del Fuoco!
A pochi passi da noi, senza troppi sbatti, senza vaccinazioni, e soprattutto senza rinunciare alla puntata dei Simpson del pomeriggio, possiamo usufruire dei più splendidi, magnifici esemplari di homo sapiens che nessun ricercatore ha mai pensato di studiare!

***

Lunedì mattina, un qualsiasi centro per le analisi del sangue.
Struttura molto grossa, convenzionata con la regione, garantisce qualche unità di efficienza in più rispetto all'ospedale pubblico.

Per l'accettazione c'è la solita coda con bigliettino numerato annesso. Mi avvicino alla macchinetta, premo il pulsantino corrispondente, prendo il biglietto, guardo il numero, alzo la testa e osservo il numero sul tabellone.
Solamente un "uno" di differenza.

E, subito dopo, due zeri.

Cerco di ingannare il tempo osservando la gente intorno a me, e qui arriviamo all'oggetto vero e proprio del post.

Innanzitutto, mi accorgo che questo non è un centro diagnostico. E' la succursale dell'ospizio "Riposo Sereno" di Carugate Sotto.
Se ci fosse un esperto dell'ISTAT, mi direbbe che l'età media è intorno ai settant'anni. Prima del mio arrivo era probabilmente sui settantacinque.

Rimango vicino alla macchinetta dei biglietti numerati e osservo la gente arrivare e prendere il numero.
A casa mia, questo compito può essere assolto con la seguente procedura:
- Osservare il cartellone con i numeri. Notare la presenza di una coda numerata.
- Cercare la macchina per i biglietti. Trovare la macchinetta.
- Guardare lo schermo con le varie tipologie di servizio. Confrontare con il servizio desiderato.
- Premere il pulsante corrispondente.
- Prendere il biglietto.

Stendiamo un velo pietoso sulle persone, giovani o vecchi che siano, che non interiorizzano la presenza di una coda ed evidentemente pensano che le centinaia di persone sedute stiano ad aspettare l'unico tizio che sta effettivamente facendo un prelievo (alla stessa maniera delle ragazze quando vanno in bagno), e concentriamoci sulla quarta operazione "Premere il pulsante corrispondente".

Nello schermo della macchinetta c'erano tre pulsanti per tre opzioni, supponiamo simili alle seguenti:
1) Prelievi e Analisi
2) Laparoscopia rettale a spirale
3) Radiazioni ionizzanti per carcinoma endocrino di Loy-Jorke

Il procedimento logico seguito da buona parte del campione NON è tuttavia quello sopra indicato, ossia individuare il servizio prescelto PRIMA e POI premere il pulsante.
No.

PRIMA si premono tutti i pulsanti a casaccio
POI vedo quello che mi va bene
NEL FRATTEMPO lascio i bigliettini inutili sullo schermo della macchinetta.

Vedo già l'applicazione di questa logica per le scorse elezioni: ad aprile l'80% degli italiani in realtà voleva votare compatto per il partito dei Liberali Monarchico-Repubblicani Trappisti per l'Italia, ma poi ha messo la x a casaccio ed è finita come sappiamo.

L'abbigliamento fa ovviamente pena (pescano a caso anche nel guardaroba?), specialmente quelle tristissime babbucce che una buona metà si ostina a portare ai piedi, ma sono reduce da giri in centro la domenica pomeriggio e ho visto cose che voi umani non potreste immaginarvi.

Dopo un bel po' di tempo (ovviamente il tizio davanti a te è sempre quello che non capisce / ha qualcosa da ridire / ha una richiesta particolarissima che fa passare l'operatore eoni al telefono con la direzione) finalmente arrivo nella magica saletta prelievi, e uno spettacolo a dir poco singolare mi si para innanzi: un nugolo di persone sta letteralmente riunito attorno a qualcosa.
Mi avvicino alla montagna umana e mi accorgo che al centro sta un bambino, all'incirca sui due-tre anni; attorno a lui, tutto il parentado fino ai cugini di diciottesima generazione gli sta parlando.

Il mio normal-sesto senso mi fa intuire che il piccolo è in procinto di fare il suo (primo?) prelievo del sangue.

Sembra parecchio frastornato, se non impaurito, e osserva la frotta di gente attorno come se stesse presenziando ad un sacrificio alla Dea Kalì con lui come portata principale.

Non si può biasimarlo: immaginate di avere due-tre anni e di stare beatamente giocando con le macchinine BBurago. Ad un certo punto arrivano mamma e papà, con il Sorriso delle Grandi Occasioni, detto anche "Tesoro, è ora di fare il Bagnetto", che ti distolgono dalle tue attività.
Nel mentre, arriva il nonno e la nonna con una confezione gigante di gelato "per il piccolo campione". Il nonno ti abbraccia un po' più forte del solito, la nonna sta sullo sfondo con uno sguardo misto compassione e apprensione.
E anche loro con quel dannato Sorriso delle Grandi Occasioni.

Nel mentre arrivano tutti i cugini, compreso il cugino Gualtiero, quello che non viene invitato nemmeno al pranzo di Natale perchè manifestamente antipatico.
Non stai capendo bene quello che sta succedendo; qualcuno si rivolge a te con un "Allora, Michelino, sei pronto?", altri dicono "Non ti preoccupare, andrà tutto bene", qualcuno sta zitto e simula malamente il Sorriso delle Grandi Occasioni.

Ovviamente tu non hai la minima idea di cosa stiano parlando.

Papà ti prende in braccio e ti dice "Dopo andiamo al negozio di giocattoli in fondo alla strada e prendi quello che vuoi, eh?". Circostanza sicuramente interessante per un bambino di tre anni, ma un poco sospettosa, visto che non è nè Natale, nè il tuo complanno, nè Pasqua, nè il tuo onomastico.

Salite in macchina, con parentado appresso come in un corteo nuziale, e vi ritrovate in uno strano edificio.
I Sorrisi delle Grandi Occasioni sono sempre più frequenti. Papà si asciuga la fronte con il fazzoletto, la mamma ti prende in braccio e ti da un bacio, il nonno cerca qualcosa di intelligente da dire.

E tu continui a non sapere un cazzo di quello che sta succedendo. Deve essere un qualcosa di importante. Qualcosa di speciale. Gelato, giocattoli, abbracci, sorrisi; un grosso premio, ma per cosa? Non è un bagnetto, non è l'ora di andare a nanna...

Questa la situazione quando mi trovavo nella sala prelievi.
Il bambino viene portato in uno dei cubicoli; i parenti si tirano botte da orbi per poter presenziare all'evento; il medico capisce la situazione e tira fuori l'arma segreta: la siringa a forma di pseudo-farfallina color verde pisello per distrarre il pargolo.
Purtroppo per lui, il dramma non poteva essere fermato. Non ora. Non così tardi.
Michelino è in braccio alla mamma e vicino al papà; entrambi bloccano saldamente le braccine, il medico si volta e, per la prima volta, Michelino lo vede.
Lo vede avvicinarsi sempre di più, mentre mamma e papà stanno fermi immobili, silenziosi, come sacerdoti atztechi in procinto di strappare il cuore alla loro vittima.
Un vocìo confuso dall'esterno. L'ago si avvicina sempre di più al braccino, sempre di più, sempre di più, sempre di più....

Michelino grida, grida a più non posso, grida come quando era uscito dalla pancia della mamma, il nonno parla, dice qualcosa "Michelino, guarda la farfallina, la farfallina, la farfallina...".
Michelino non sente, non sente le voci, non sente nulla, sa solo che ha paura, che vuole andare via. Piange, piange, anche quando non sente più l'ago nel braccio, anche quando la mamma lo prende in braccio e lo coccola: "Bravo, tesoro, bravo...". "Ci saranno altre volte come questa?" pensa Michelino "Voglio tornare a casa... casa, casa, casa....".


"Con i bambini piccoli è sempre così" mi dice il medico mentre mi disinfetta il braccio.